TORNA DOPO DECENNI LA FESTA DI
S. ANTONIO ABATE A FARA S. MARTINO
Culto ritrovato, avrebbe detto Emiliano Giancristofaro. Dopo decenni di interruzione, torna alle falde della Maiella, nel paese della pasta, la festa di S. Antonio Abate, spostata a sabato 21 gennaio, per dare la possibilità di partecipare anche a chi lavora. Una festa meno sentita rispetto a Fara Filiorum Petri, paese delle farchie, ma sempre importante nel calendario farese.
Un tempo, sul sagrato della Chiesa di S. Remigio, al Piano dei Santi, avveniva la benedizione degli animali, all’ombra della statua, andata poi distrutta, di S. Antonio Abate, in trono, simmetrica a quella di S. Martino, eponimo di una delle tre badie maggiori d’Abruzzo e Santo che ha dato il nome a Fara. Il rito si svolgeva il 17 gennaio, festa di S. Antonio Abate, perché anticamente, le tradizioni erano compiute nel giorno segnato dalla liturgia, a prescindere dal tempo atmosferico.
Contestualmente avveniva la rappresentazione musicata, tradizione tipicamente abruzzese, ma presente pure in Molise. Era un modo di riequilibrare l’economia, tra ceto egemone e quello subalterno, per dirla con il frasario dell’antropologia culturale che tanto inchiostro ha versato sulla figura di S. Antonio Abate, molto di più rispetto a S. Antonio di Padova, peraltro protettore di Fara, venerato nel cappellone della Chiesa Maggiore. Dopo la IIa guerra mondiale, cicatrice molto vistosa nella storia di Fara, si perse la tradizione del S. Antonio, complice pure la scomparsa della statua.
Il lavoro di gruppo, alla scuola elementare, sulla figura del fondatore del monachesimo, era una delle innumerevoli proposte del M° Raffaele Ricciuti, appassionato di letteratura italiana e straniera, da qualche anno residente a Pescara.i
Grazie all’attuale Arciprete Don Matteo Gattafoni, ai collaboratori parrocchiali e alla pro-loco, insieme a tante altre feste minori, è tornata pure quella di S. Antonio Abate, il cui culto si sviluppò in Occidente, grazie alle Crociate. In Abruzzo ebbe terreno molto fertile, in quanto patrono degli animali della campagna, perché nella solitudine della Tebaide, S. Antonio curava gli animali. Fu un veterinario ante-litteram. Se in Oriente è protettore “dagli” animali, ovvero dagli agguati delle bestie feroci, in Occidente lo è “degli” animali, risorsa dei contadini.
La festa farese si svolge tra Piano dei Santi e Hotel Camerlengo, dove da qualche anno è attiva una residenza assistita per anziani. Aperta dal fuoco di S. Antonio, analogo a quello di S. Giuseppe, tradizione tipicamente farese, e precisamente del rione Ospedale, ci saranno la benedizione degli animali, la S. Messa, la rappresentazione musicata del S. Antonio (esiste anche quella recitata, ovviamente meno famosa, portata avanti da Ciriaco Panaccio), e la cena, con salsicce e dolci.
SANTINO VERNA